Oltre la soglia

La campagna scivola dietro i vetri, giorno dopo giorno. La primavera colorata dalla fitta grandine che sa di autunno porta con sé nuove strade e mi porta a riflettere sui cambiamenti fatti, su quanto l’inverno mi abbia condotto lontano da casa più di quanto fosse mai avvenuto finora, su quanto i rapporti rilevanti siano mutati e su quanto ora questo sembri quasi naturale. Sono passati tre mesi da quando sono partito. Ho lasciato la casa dell’infanzia, i volti e le ritualità che mi accompagnavano da quando ero bambino, i luoghi su cui si erano riflessi i passaggi dell’infanzia, dell’adolescenza, dell’età adulta. Ho iniziato qualcosa di nuovo, ho trovato nuove mura da chiamare casa e ora tornare nelle vecchie stanze ha un sapore diverso, come quando da bambino ogni estate tornavo a casa dei miei nonni ed era un luogo che era mio per qualche tempo e che poi tornava in una lontananza colmata solo dalle voci filtrate dai telefoni. E in effetti sto sognando spesso la casa di mio nonno, in questa primavera inquieta, quel luogo che era mio e al contempo non lo era, quel luogo che ora non esiste più se non nei ricordi vividi che emergono a sera, nel dormiveglia, insieme ai suoni della cucina nei giorni d’estate e alla luce che filtrava dalle persiane semiaperte. Ora stanno costruendo un residence, dentro quei luoghi dell’infanzia, e solo la memoria conserva la sensazione tenue di quei risvegli mattutini nel tempo in cui l’estate sospendeva lo scorrere dei giorni e c’erano solo mattine pigre da attraversare leggendo in riva al mare.

I passaggi mi danno l’impressione di perdere qualcosa – Paolini, in uno spettacolo sulla Thatcher, parlava dell’entropia e diceva che in ogni trasformazione qualcosa si perde e non si può più recuperare. È così che mi sento ora, qualcosa, nel varcare la soglia, si è smarrito e non lo troverò mai più se non, forse, nel ricordo e questo, quando ci penso, vela gli occhi di malinconia. Ma guardo quello che ho, quello che sto costruendo e mi dico che non esistono viaggi senza partenze, approdi senza rotte nel mare partite da porti lontani, e dunque anche quello che in prospettiva può condurre alla felicità nasce e porta con sé la saudade dei marinai portoghesi lontani da Lisbona, delle loro canzoni sull’oceano. In questa primavera colorata di grandine guardo l’orizzonte, abbraccio la mia compagna di viaggio. Nel silenzio degli sguardi, la nostalgia è lontana.